Presso gli Studi di Psicologia e Psicoterapia di Padova e Bassano del Grappa, la Dr.ssa Manganoni affronta i vissuti psicologici dell’interruzione volontaria di gravidanza (aborto volontario).
La radice etimologica della parola aborto risiede nel termine latino abortus (da ab-orior), che letteralmente significa “venir meno alla nascita, morire”. Con questa parola, che è il contrario di orior (=nascere), si intende la fine del ciclo vitale in utero (Righetti, 2010).
L’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) consiste nell’interruzione intenzionale dello sviluppo dell’embrione o del feto e nella sua rimozione dall’utero della gestante entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari.
L’aborto volontario continua ad essere culturalmente svuotato del suo reale significato di morte (del bambino) e di perdita (per la famiglia). Infatti, la nostra società omette che ogni perdita prevede un lutto (“Non si piange e non si soffre su ciò che è stato scelto volontariamente”), rendendo così l’aborto una morte senza lutto e senza dolore (Ravaldi, 2007).
Questo evento determina, oltre l’interruzione della relazione e della precoce esperienza di contatto tra due organismi, (madre e figlio fisicamente presenti e compartecipi l’uno dell’altro – Spagnuolo Lobb, 1988) il blocco del processo di diventare genitori. Precisamente, rifiutando la gravidanza si interrompe un legame che già dal momento del concepimento è profondo e viscerale, senza poterlo proiettare in un futuro condiviso.
L’interruzione volontaria di gravidanza rappresenta un conflitto tra due scelte (la vita o la morte), accompagnato dalla perdita e dal lutto. Questa scelta, per quanto razionalmente volontaria, è comunque emotivamente sofferta e può avere dei risvolti sul benessere fisico e psichico della donna e della coppia, sia nel breve che nel lungo periodo (Bradshaw e Slade, 2003).
Il lutto si manifesta anche quando l’aborto è un evento non accidentale, ma scelto o programmato.
E’ stata descritta una vera e propria sintomatologia da lutto complicato, derivante da ambivalenza rispetto alla decisione presa, da mancanza di sostegno esterno e dalla giovane età, in cui ai sintomi comuni del lutto si aggiungono quelli di disturbi psicologici (per es. depressione, disturbo di panico, condotte autolesive come uso/abuso di sostanze, disturbi alimentari).
Il lutto complicato è un rischio presente in tutti i tipi di lutto, ma nel caso del lutto post-aborto questo rischio aumenta se al momento della presa di decisione e nel periodo successivo viene a mancare il supporto del partner, della famiglia e del personale socio-sanitario (Ravaldi, 2007).
Il lutto dell’aborto volontario viene spesso vissuto silenziosamente perché si teme il giudizio della comunità.
Il lutto post-aborto è un lutto plurimo (Ravaldi, 2007) perché le perdite da affrontare sono diverse e legate fra loro (perdita del bambino, perdita della propria immagine come persona nei diversi ruoli di figlia, donna, partner…) agli aspetti più intimi e profondi dell’identità femminile.
Questo lutto, se non elaborato, può esplodere a seguito di esperienze legate al ciclo riproduttivo della donna (per es. durante successive gravidanze, in menopausa…), determinando riacutizzazioni.
La traumaticità dell’interruzione volontaria di gravidanza è correlata al fatto che la donna percepisce questo evento come l’uccisione violenta del proprio figlio, nonostante lo abbia deciso lei.
Attualmente sono riconosciuti tre quadri clinici, che possono presentarsi dopo un’IVG:
– Psicosi post-aborto: disturbo di natura prevalentemente psichiatrica che insorge immediatamente dopo l’aborto e perdura oltre i sei mesi, presenta forme depressive di varia entità.
– Stress post-aborto: disturbo più lieve che insorge tra i 3 e i 6 mesi.
– Sindrome post-abortiva (SPA): considerata all’interno della categoria internazionale dei Disturbi Post Traumatici da Stress, include un insieme di disturbi che possono comparire dai 6 mesi ai 2 anni successivi all’IVG. A volte anche molti anni dopo in quanto può rimanere latente a livello inconscio. I sintomi riguardano: disturbi emozionali, della comunicazione, dell’alimentazione, del pensiero, della relazione affettiva, neuro-vegetativi, della sfera sessuale, del sonno, fobico-ansiosi e flashbacks dell’aborto (Worden, 1990). La presentazione della sindrome può essere in forma acuta o cronica. Inoltre, possono anche non comparire sintomi specifici, ma svilupparsi dei rischi relativi ad eventi stressanti come: una nuova gravidanza, un aborto spontaneo, sterilità secondaria, isterectomia, perdite affettive, ecc.).
Sostegno psicologico pre IVG
La presenza di uno psicologo-psicoterapeuta può favorire un senso un senso di rispetto e uno spazio di ascolto e contenimento delle problematiche che conducono all’IVG. In particolare può:
– analizzare le motivazioni della donna a favore dell’aborto (e del padre del concepito ove la donna lo consente, nel rispetto della sua dignità e riservatezza – art. 5/194); in caso di minore si offre uno spazio anche ai familiari;
– approfondire gli elementi d’incertezza e di conflitto nel processo decisionale;
– approfondire le conseguenze psicologiche del post-aborto (nel breve o nel lungo periodo) sullo stato di salute della donna e prevenire la sindrome post-abortiva;
– offerire informazioni su un’eventuale rete di supporto a livello territoriale (come centri aiuto per la vita CAV…) e altri possibili percorsi come l’adozione;
– sostenere la donna a capire il significato dell’esperienza e a prendere una decisione.
Sostegno psicologico post IVG
L’interruzione volontaria di gravidanza può esporre le persone coinvolte, e in particolare la donna, a un elevato rischio di stress psicologico e a gravi sofferenze emotive (quali vissuto di colpa e angoscia), in alcuni casi destinate a perdurare nel tempo.
Per questo motivo la donna potrebbe aver bisogno di un sostegno psicologico nel gestire il dolore della perdita.
Inoltre, nonostante gli uomini siano stati educati per molto tempo a considerare una gravidanza indesiderata un problema esclusivamente femminile molte cose sono cambiate in questi anni in seguito all’educazione a una maggiore consapevolezza del proprio ruolo nella riproduzione. Non vanno quindi trascurate le ripercussioni psicologiche sul potenziale padre del nascituro nel caso in cui la donna esprima la volontà di interrompere la gravidanza, soprattutto se l’opinione dell’uomo è opposta.
Il sostegno psicologico post IVG è rivolto alla donna (coppia genitoriale o familiari) che ha fatto un intervento di IVG.
Consente di:
– valutare e affrontare eventuali conseguenze psicologiche dell’IVG ;
– valutare la possibilità di intraprendere un percorso per elaborare il lutto della perdita.
Bradshaw Z. e Slade P. (2003), “The effects of induced abortion on emotional experiences and relationships: a critical review of the literature”, Clin Psychol Rev 23: pp.929-958
Ravaldi C. (2007), “L’aborto come perdita: il lutto e la sua elaborazione”, in: Quello che resta: parlare dell’aborto, partendo dall’aborto”, Editrice Vita nuova
Righetti P.L., Girlanda F., Romagnolo C., Panizzo F., Maggino T. (2010), “Risvolti psicologici dell’interruzione volontaria di gravidanza”, in: “Gravidanza e contesti psicopatologici dalla teoria agli strumenti di lavoro, a cura di Righetti P.L, Milano: Franco Angeli
Spagnuolo Lobb M. (1988), “Il parto come rinascita relazionale della madre. Un modello psicologico di preparazione al parto secondo l’approccio della psicoterapia della Gestalt”, in: Quaderni di Gestalt n.6/7, pp. 67/92
Worden W. (1990), “Psychological responses after abortion”, Science, 24